“L’Europa delle diversità. Anche nella vigilanza e nelle regole bancarie”.

Riportiamo, di seguito, l’articolo del Direttore di Federcasse, Sergio Gatti, pubblicato nella rubrica Bisbetica della rivista Credito Cooperativo di febbraio 2017 (sgatti@federcasse.bcc.it)

L’Europa delle diversità. Anche nella Vigilanza e nelle regole bancarie 60 anni fa il numero complessivo delle banche dei sei Paesi fondatori era molto superiore a quello di oggi. Solo in Germania erano 3.659 (oggi sono 1.695) e in Italia 1.234 (oggi 590). In totale, le banche dei sei Paesi che firmarono la nascita della Comunità in Campidoglio sono oggi 3.055. In gran parte di piccole dimensioni e spesso di forma cooperativa. Lo “spirito” dei Trattati di Roma era quello di dare un futuro di pace e di prosperità ai popoli dei Paesi firmatari, unendo le diversità, rispettandole, stimolandone lo sviluppo armonico. Se nel 1957 avesse dovuto scrivere una cornice di regole comune alle banche, la Comunità Europea di Schumann, Monnet, De Gasperi avrebbe tenuto presente e tradotto in modo coerente i princìpi di adeguatezza, proporzionalità, sussidiarietà. Il legislatore dell’Unione Bancaria, annunciata nel 2012 e realizzata a partire dal 2014, aveva probabilmente dimenticato quello spirito e quel “conveniente” pragmatismo. Un’Unione Bancaria purtroppo ancora priva del terzo “pilastro”, la garanzia europea dei depositi. A causa della resistenza proprio di alcuni di quei Paesi fondatori che non vogliono assumersi il rischio pro-quota dell’assicurazione dei depositi nelle banche del sud Europa. In questo 2017, tre fatti potrebbero consentire di recuperare quel senso di realismo e di mutualità comunitaria. Primo, la riforma di due fondamentali direttive (CRD4 e BRRD) e regolamenti (CRR e SRM), iter avviato il 23 novembre scorso con le proposte della Commissione UE. Secondo, la richiesta da platee sempre più ampie di ridurre il peso inutile e controproducente di regole per banche di piccole dimensioni e con propensione al rischio individuale e rischio di “contagio” oggettivamente ridotti, anche per ragioni di forma giuridica e finalità imprenditoriale (si pensi alle cooperative e cooperative a mutualità prevalente). Terzo, l’assoluta necessità per l’Unione Europea di completare l’Unione Bancaria (terzo pilastro) al fine di recuperare credibilità, anche sul terreno delle regole bancarie e della conseguente politica di supervisione, per non frenare il credito alle micro-piccole e medie imprese meritevoli. Il Parlamento Europeo avvierà a breve il confronto e il risultato del processo di co-decisione, che coinvolge anche il Consiglio, potrebbe almeno in parte soddisfare la voglia di novità che viene dal mondo delle imprese e da quello delle banche che hanno continuato a finanziarle anche negli anni della Grande crisi. Intanto, da alcune settimane, le Autorità bancarie di Berlino hanno affidato ad Andreas Dombret, membro del Consiglio della Bundesbank, la veicolazione di un messaggio che va nel senso della proporzionalità. Ma all’inizio del 2016 anche i governi di Germania, Olanda e (sembra incredibile) Gran Bretagna, avevano chiesto regole diverse per le piccole banche. Le banche cooperative europee – nelle sedi istituzionali proprie – da tempo propongono di passare, nella definizione delle normative e della loro applicazione, da una proporzionalità “caso per caso” (o detail driven) ad una proporzionalità “strutturale”, vale a dire da una taglia unica per tutti gli intermediari ad una regolamentazione basata su almeno due livelli. Già nel 2012 il Credito Cooperativo introduceva nel dibattito il concetto di double rule book in contrapposizione al single rule book, illustrandolo anche in audizioni parlamentari. Il riferimento è all’esperienza degli Usa che hanno adottato l’approccio opposto a quello della “taglia unica”: l’approccio a strati (tiered approach), diversificato sia nelle regole sia nei parametri di vigilanza a seconda di dimensioni e caratteristiche delle banche, classificate in quattro classi. Il 2017 sarà pertanto un anno decisivo per correggere alla radice l’approccio strategico della regolamentazione bancaria in Europa e per completare il disegno con l’avvio del terzo “pilastro”. Non c’è democrazia senza democrazia economica e pluralismo bancario. Non c’è linfa per il futuro europeo se non si recupera il rispetto reciproco tra i Paesi fondatori chiamati ad essere di nuovo “locomotiva”. Pluralismo e linfa vanno garantiti anche con il completamento dell’Unione Bancaria e una coerente strategia normativa strutturalmente proporzionale a cui corrisponderà una conseguente politica di vigilanza.

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